Il servo di Dio Antonino Petyx, nel 1899, a venticinque anni, si iscrisse al Terz’ Ordine Francescano.
Si professò il 15 agosto 1900. Egli fu devotissimo della Vergine Maria Immacolata, che già dal 16 novembre 1624, il Senato di Palermo aveva dichiarato Patrona e Protettrice della città, ma lo fu anche della Vergine Maria Assunta, di Nostra Signora del Carmelo e della Regina del Rosario.
La mattina di quel giorno nella Chiesa Santa Maria degli Angeli a Palermo detta “la Gancia” egli venne ammesso alla santa professione.
Dopo aver baciato “I Santissimi Piedi” del Crocifisso che gli era stato donato disse:“Voglio vivere più da vicino di Gesù, per Gesù, con Gesù” appena dieci mesi dopo è eletto Ministro.
È un organizzatore instancabile, da operoso suo seguace, ama il Poverello a tal punto da voler essere sepolto con l’abito ed il cingolo del Terz’Ordine, che egli onorò tutta la vita. I suoi confratelli lo ricordano, palpitante di devozione per il Crocifisso, fedele agli impegni presi con Gesù e con il Serafico Padre San Francesco. Per la sua opera Mons. Vito Graziano, in una lettera alla figlia suor Marianna, lo definisce ; “l’autentico Terziario Francescano, il vero Servo dei poveri”.
Tutti notano con quale solennità si appresta ad adorare Gesù Sacramentato e come vi rimane assorto per ore.
Gli iscritti al Terz’Ordine affermano: “Fu il nostro più ardente confratello, una delle glorie della grande famiglia francescana. Copiò perfettamente dal Serafico Padre, l’umiltà, lo spirito di povertà, la semplicità e la perfetta letizia dimostrata in tante occasioni tragiche della sua vita; la morte dei suoi cari, il disastro economico che visse senza odio alcuno verso i responsabili”.
Dopo la morte di Nino Petyx, mons. Giuseppe Petralia vescovo di Agrigento, la sera del 9 novembre 1974 nell’Auditorium del SS. Salvatore a Palermo, disse del Servo di Dio:
“Egli conosceva, con l’intuito che è particolare dei Santi, i quali conoscono benissimo l’animo umano e, se permettete, l’animo nostro di Siciliani, come noi siamo entusiasti per le nobili iniziative, ma non abbiamo sufficiente costanza, soprattutto in quello che è l’apostolato, egli invece né fù il più fulgido esempio…”.
Raccontavano i suoi contemporanei, ed i loro figli ancora lo ricordano e ce lo tramandano, che quando entrava in una Chiesa, se lì era Gesù Eucarestia rimaneva sempre lunghe ore in ginocchio, con gli occhi fissi verso la “celletta ove è Gesù”.
Mai uscì da una Chiesa volgendo le spalle al suo “Re-Gesù“. Indietreggiava lentamente bisbigliando devote preghiere e giaculatorie e non voleva mai staccarsi da quel colloquio. Quando i conoscenti lo cercavano per un’opera buona, per il catechismo, per accompagnare un sacerdote con il viatico, solevano dirsi: ” Se non è in Chiesa…sarà in un’altra! “.
testi tratti da: ” Una storia di santità” Luisanna Saporito Licata, “Il servo dei Poveri” A. Abate – Blasucci
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